lunedì 29 settembre 2014

La direzione nazionale del PD sulla riforma del lavoro

Era da un po' che non scrivevo sul blog. Anzi, lo volevo proprio chiudere, e forse tra qualche giorno lo chiuderò.
Per stasera, però mi andava di scriverci su cosa ho appena vissuto da osservatore privilegiato. Una direzione nazionale del PD vera, con un dibattito vero, che non si è ancora concluso.
E siccome è mia abitudine prendere appunti, ve li metto qui, perché tanto è inutile mandarli a una mailing list, tanto è tutto in diretta streaming, e se vi va di guardare qualche intervento su youtube, magari ditemi se sono bravo o no a fare il riassunto.

Premessa: chiedo scusa, perché si voterà dopo le 22, ma io sono dovuto tornare a casa, per impegni di lavoro che ho domattina. Chiedo scusa a tutti quelli che hanno votato Civati, specie ai toscani, che ho l'onere di rappresentare col mio voto, e anche a tutti gli altri, che alle primarie PD hanno votato altro, o che non hanno votato affatto. Comunque il mio voto non sarebbe stato determinante, però insomma avrei voluto poter esercitare il diritto/dovere di alzare la delega. Magari se si fosse cominciato alle 14, invece che alle 17, e finito alle 20, anziché dopo le 22. Ma far capire che anche la gente normale, che non vive a Roma e non vive di politica, deve poter partecipare alla direzione nazionale del PD, dove oltre l'80% dei membri vive a Roma, o vive di politica, o entrambi, è ancora dura.

Conclusione: Se avessi votato, penso che avrei votato contro. Ma non per punto preso. Perché nessuno ancora mi ha dato una buona risposta a questa domanda. Se qualcuno lo farà, sono pronto a cambiare idea pubblicamente: "Perché è necessario abolire l'articolo 18 per estendere le garanzie ai nuovi lavoratori, per fare il contratto unico, per costruire un contratto con tutele crescenti? Perché, ancora una volta, ci si dice, o prendete tutto il pacchetto o siete conservatori? Non si può solo fare la parte buona della riforma del lavoro?
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Davvero questa domanda è per me la domanda fondamentale. Perché vedete, l'articolo 18 non è fatto per reintegrare chi viene licenziato senza giusta causa (vedere i dati per credere), ma per evitare i licenziamenti senza giusta causa. Cioè è un deterrente (come mi ha spiegato Miro), e quindi perché levare un deterrente che ha funzionato bene sinora?

Detto questo, ecco la mia personalissima sintesi di tutti gli interventi fino a quello di Matteo Orfini, con qualche commento. Dopo me ne sono dovuto andare, ma credo che, voto a parte, le posizioni in campo erano molto chiare.

Introduce Matteo Renzi: Vorrei un voto chiaro che ci consenta di superare alcuni tabù,  e di riformare profondamente il mercato del lavoro, per difendere i nuovi deboli.
Prima nota di metodo: ha ragione Cuperlo, chi non la pensa come il segretario non appartiene ai Flintstones, però ricordo che nemmeno chi la pensa come il segretario può essere dipinto come un emulo della Thatcher. La seconda: noi non siamo un circolo di filosofi, una volta deciso si va avanti.
Il voto del 25 maggio ci ha detto: caro PD, l'Italia la devi cambiare tu.
Non è vero che a fare le riforme si perdono voti, e nel frattempo abbiamo fatto il decreto Poletti, il decreto Madia sulla Pubblica amministrazione e approvato al Senato la legge elettorale (che miglioreremo) e in prima lettura la riforma del Senato. E abbiamo dato 80 EUR in busta paga a 11 milioni di persone, che magari non sono importanti per 100 commentatori, ma lo sono per 11 milioni di cittadini.
La realtà chiede che la politica e i politici prendano decisioni, e infatti, da quando abbiamo incominciato a fare qualcosa,  cinquestelle si sono sgonfiati. Ma più importante abbiamo ricominciato a fare politica industriale, salvando Electrolux col decreto Poletti e facendo ripartire le acciaierie da Terni a Piombino a Taranto.
E' vero, come dice D'Alema, che ci sono solo 8 commissari socialisti, però non è colpa delle elezioni, è colpa del fatto che ci sono solo 8 primi ministri socialisti in Europa. Ma l'adesione del PD al PSE ha portato il PD a poter imporre a Juncker di mettere 300 miliardi di aiuti economici, e dare ad alcuni italiani ruoli importanti (Pittella, Gualtieri, Silvia Costa, Mogherini). In Europa gli italiani non sono visti benissimo, sono visti come quelli che rimandano i problemi. In questa ottica, è corretto dire che è un tema europea la riforma del mercato del lavoro, perché l'abbiamo promesso all'Europa, perché noi vogliamo fare le cose, non rimandare. Il problema non è l'art. 18, è la disoccupazione, ma se il problema non è l'art. 18, perché è una garanzia costituzionale, allora perché partiti e sindacati non lo applicano?
Il problema è che l'Italia non è fondata sul lavoro, oggi, è fondata sulla rendita. Il lavoro si rilancia se si investe su ricerca, green jobs, e ICT, non se si salva l'art. 18. Le aziende che investono in Italia devono avere qualche certezza, qui è tutto in mano a giudici e avvocati, senza tempi certi. Vogliamo avere il coraggio di guardare la realtà com'è, avete mai parlato con uno che ha perso il posto di lavoro? Io sì, perché ho fatto il Sindaco. Io voglio dire a questa gente: hai non solo un indennizzo dalle aziende, ma lo stato ti dà un corso di formazione e ti aiuta. Oggi invece le agenzie per il lavoro sono diverse da provincia a provincia e combinano poco. Io voglio una sola agenzia nazionale, e voglio anche sfidare il sindacato su questi temi. Quello che vi propongo è di cambiare, a me cambiare non fa paura, non voglio cambiare per cambiare, ma io penso che questa sia una riforma di sinistra se difendiamo i lavoratori e non i totem, se difendiamo tutti e non chi è già garantito, se stiamo dalla parte del cambiamento e non della conservazione. Non me ne voglia Rajoy, ma per me il modello non è la Spagna, perché non voglio abbassare i salari per far lavorare tutti, voglio alzare i salari e produrre prodotti di qualità. A chi ci dice che dobbiamo fare come loro, io dico: no, grazie, il nostro modello è un altro. E voglio concludere sfidando i sindacati. Sono disposto ad incontrarli anche domani, la settimana prossima per fare una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla contrattazione di secondo livello, e sul salario minimo garantito che è già allo studio. Per quanto riguarda la legge di stabilità abbiamo scelto di rispettare il limite del 3%. Ci costa perché quel limite affonda le sue radici in un mondo tutto diverso da oggi, ma il danno alla reputazione se non lo rispettiamo è maggiore dei vantaggi che avremmo. Comunque si butta un miliardo sulla scuola, e un miliardo di spazio di patto che consenta ai comuni di fare le opere pubbliche, e due miliardi di Euro di riduzione del costo del lavoro. Poi se volete si fa anche una riunione specifica sulla legge di stabilità. Ma tutte le riforme non porteranno a nulla se non faremo la riforma della speranza, della fiducia. L'Italia è più ricca di quanto si legga, ma è convinta di essere un Paese senza futuro. Se abbiamo preso il 41% l'errore più grande che possiamo fare è buttarlo via per paura del cambiamento e del futuro. Il mondo cambia veloce, e noi son 44 anni che siamo aggrappati allo stesso totem ideologico. E' impressionante anche il modo in cui gli elettori fanno zapping e cambiano idea, e danno consenso ad altri. Noi dobbiamo costruire il futuro, non lasciare che accada.

Caterina Bini: un barrista di Pistoia mi diceva che sta con Renzi, perché lui sta con tutti quelli che si spaccano la schiena. Gli imprenditori se hanno lavoro, sono i primi a voler dare lavoro e valorizzare i loro dipendenti. Chi contesta questa riforma si sente più di sinistra di me, ma cosa è stato fatto in questi anni?

Gianni Cuperlo: E' bene parlarci in pubblico, con lo streaming, e con sincerità. Su molto sono d'accordo, è un bene aumentare le tutele per i lavoratori più deboli, per i più giovani. E hai ragione che per estendere tutele servono risorse, lavoriamo per trovare le risorse necessarie, perché non possiamo promettere cosa non siamo in grado di mantenere. Parlare di tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio vuol dire applicare il contratto di lavoro, quindi se l'art. 18 non si leva a tutti, allora forse è incostituzionale. Ma se si vuol levare a tutti, allora riguardiamo bene cosa è scritto a proposito dei licenziamenti discriminatori perché qui si decide della vita delle persone. Ma non venitemi a raccontare che il nostro PIL è calato del 25% per colpa dei sindacati o dell'articolo 18. E comunque la norma non ha 44 anni come dici, ma 2 anni, perché è stata recentemente riformata. Caro Matteo, fare a meno dei giudici quando si licenzia non è possibile, non per colpa dell'art.18 dello statuto dei lavoratori, ma per l'art. 24 della costituzione. Puoi dire quanto vuoi che il PD deve decidere e poi si va tutti avanti compatti, ma c'è un vulnus: nessuno ha detto alle primarie che voleva fare questa cosa. Io riconosco la tua legittimità, ma non sei l'unico dominus del PD, continuiamo a discutere di questa cosa, anche nei gruppi parlamentari, che te lo ricordo, hanno una sua autonomia. Qui davanti non c'è la minoranza del PD, o nemici del governo, né gufi, ci sono persone che vogliono esprimere le loro opinioni e provare a convincere gli altri. Sei un leader, fatti carico anche delle nostre idee.

Andrea Ranieri: a me sarebbe piaciuto fare la riunione prima che le posizioni si radicalizzassero. Per me l'art. 18 non è un totem, ma non sei tu a farne un totem? Noi siamo indietro non per l'art. 18, ma perché non abbiamo investito in innovazione. E le aziende che innovano hanno bisogno di stablità, non di lavoro usa e getta. il lavoro usa e getta va bene per le imprese che non innovano, che cercano manodopera a basso costo. E per far ripartire l'economia non bisogna ridurre i diritti dei lavoratori, ma come diceva Delors, il 3% del PIL deve andare in ricerca e innovazione. Sulla legge di stabilità devi dire dove vanno i tagli, perché se si tagliano gli enti di ricerca sono totalmente contrario. Sono felice che il segretario riapra la sala verde di Palazzo Chigi per riaprire il confronto coi sindacati, perché c'è una relazione diretta tra livello dei salari e tenuta dei sindacati in tutto il mondo. (ndr: Andrea Ranieri ha scritto un pezzo di intervento con la mia penna...vedi che non ho fatto solo lo spettatore?)

Rita Castellani: anche io voglio cambiare, ma magari questo non è il vero cambiamento. Noi stiamo perdendo il capitale umano, e così un Paese non va lontano. Caro Premier, se si parla di welfare dobbiamo fare un discorso più approfondito dell'estensione di ammortizzatori sociali, il problema è che c'è tanta povertà, e gente che vuole mettersi in moto senza alcun sussidio, come chi cerca lavoro per la prima volta.

Franco Marini: non sono capace di sintesi, comunque vedo nella relazione di Renzi una apertura vera. (Parentesi incomprensibile sulla grande guerra e sul ridisegno di Iraq e Siria nel 1916...). NDR: Marini non si può riassumere, se vi avanza tempo ve lo ascoltate su youtube...

Massimo D'Alema: ammiro molto l'eloquio di Renzi, però ha detto cose non vere. Non è vero che è il primo taglio al cuneo fiscale, io lo tagliai quando ero al governo. E così l'art.18 non è un tabù da 44 anni, perché due anni fa la riforma Fornero lo cambiò. E la riforma Fornero prevedeva di osservare che succedeva, cosa che non è stata fatta e, mi si perdoni l'assenza di citazioni poetiche, sarebbe premessa indispensabile per cambiarlo. (Continua a prendere palesemente in giro Renzi dicendo che non studia, che dice falsità banali, e che fa citazioni colte ma non studia...ndr). Il premier dice che il nostro modello non è quello spagnolo, ma se in tutti i Paesi civili il reintegro da parte del giudice è consentito, non vedo perché porci fuori dal consesso dei Paesi civili. Temo che una riforma del lavoro fatta così rischi di essere inefficace e personalmente avrei messo tutte le risorse non sulla riforma degli ammortizzatori sociali, ma sulla crescita. Stiegliz dice che la riforma del lavoro si fa quando c'è crescita, non in recessione, perché se togliamo tutele ai lavoratori, questi sanno che poi lo Stato non ha soldi per tutelarlo e quindi consumano anche meno, e aumentano la recessione. Capisco che Stiegliz sia un vecchio rottame della sinistra, ma ha preso un premio nobel, che molti dei consiglieri del Premier non hanno ancora preso.

Giuseppe Civati: la mia sensazione è che questa discussione sia stata montata dal punto di vista mediatico compromettendo la possibilità di fare una discussione serena. E ieri in TV ho sentito un premier che diceva cose di destra. Ma chi si può esprimere sui diritti, se non un giudice, come recita l'art. 24 della costituzione? Vorrei portare la discussione su un tono più tecnico e sulle preoccupazioni che rimangono. Due anni fa c'è stata la riforma Fornero e in molti in questa stanza ci hanno lavorato. E poi non sappiamo come sarà la legge delega, ci saranno altri strumenti che il Governo porrà, il decreto Poletti rimarrà? Perché io vorrei un contratto unico che sia unico, non che rimangano 44 forme di lavoro diverso. Vorrei sapere se rimane nella legge delega la formazione. Se il contratto unico a tutele progressive è quello di Tito Boeri sono pronto a sottoscriverlo, ma dove e quando lo depositiamo? Oppure ci affidiamo all'ultima intervista del premier? Io ho perso con Renzi e anche contro Cuperlo e non ho voce in capitolo, ma l'art. 3 dello statuto dice che il segretario è eletto sulla base di una piattaforma programmatica. Allora, se questa cambia, perché sorridete con sufficienza quando chiediamo di consultare gli iscritti su questo tema? E che succederà se alcuni emendamenti della minoranza PD saranno condivisi dalla maggioranza dei gruppi parlamentari? Come reagirà il premier e il Governo? (NDR: grande Pippo! Lucido, asciutto e preciso)

Paolo Gentiloni: non c'è un complotto anti Renzi della minoranza PD. C'è una differenza di idee se cambiare una norma sia un rischio o una necessità. Stiamo facendo una discussione molto molto seria, e finalmente ci poniamo il problema di aumentare le tutele, e i sindacati vogliono scioperarci contro: è paradossale.

Ivan Scalfarotto: sono stato direttore del personale in una grande azienda a Londra, e vi volevo dire che per colpa delle leggi italiane la mia azienda fece un centro servizi a Barcellona e non a Milano. Poi vado a lavorare a Londra, e con 10.000 dipendenti mai ho visto un reintegro, ma un forte rischio di reputazione se facevamo un licenziamento discriminatorio. In Italia invece non c'è cultura della discriminazione, quindi non avere una norma anti-discriminazione è un problema. E su una cosa tutti dovremmo essere d'accordo, che il diritto del lavoro oggi in Italia non funziona, e che la falsa partita IVA è una forma di schiavitù.

Pierluigi Bersani: cerchiamo di raffreddarci un po' la testa, perché non abbiamo ancora cominciato a governare e ci sono un sacco di guai. Io dico la mia in pochi minuti, che non è quella del 25%, della partita della vita, dei conservatori. Noi non andiamo nel baratro per l'art.18, ma per il metodo Boffo (ndr: esagerato....). Se uno dice la sua deve poterla dire con dignità. E volevo poter discutere di questa cosa prima che partisse la bambola. Sono contento che Matteo abbia detto i 1000 giorni, perché non dobbiamo correre i 100 metri, ma fare tante cose. In 1000 giorni si ha tempo per verificare i contenuti delle riforme che facciamo, e quindi lo scatto non serve a niente, perché può cascarti tutto addosso. E anche l'Europa ti fa un applauso nelle prime 48 ore, e poi nel lungo periodo ti va in tasca. Noi abbiamo fatto tante riforme pesanti, a nessuno trema il polso a cambiare le cose. D'Alema ha ragione a citare Stieglitz, vogliamo davvero raccontare che abbiamo perso 9 punti di PIL per colpa dell'art. 18? La Germania ha l'art. 18, e ha fatto più 4% di PIL negli stessi anni. Dobbiamo riqualificare la spesa pubblica, e l'unico bacino di risorse è l'infedeltà fiscale, il nostro problema non è la rigidità del lavoro, ma l'evasione fiscale. Sapete quante cose ci sono da cambiare in questo Paese, e ce la prendiamo proprio coi diritti dei lavoratori? Ci vuole una riforma del mercato del lavoro, ma deve riguardare la qualità e la produttività, e noi non abbiamo qualità perché abbiamo dispersione e precarietà. Sono d'accordo a togliere i co.co.co., ma se comunque allo stesso banco di lavoro ci sarà chi ha le tutele e chi no non risolveremmo un gran che.

Matteo Orfini: sul Jobs Act c’è grande discussione, ma noi siamo un partito politico e non solo uno spazio politico, per cui abbiamo il dovere di prendere una decisione e poi portarla avanti. (NDR: stasera credo tutti abbiano capito perché è stato scelto tra gli elementi della "minoranza" a fare il presidente, popo' di tegame direbbero a Livorno...)

E poi son dovuto partire per prendere l'ultimo treno per Firenze. Tra poco i risultati della votazione.

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