Ho scritto impegno, perché chiamarla carriera politica fa ridere.
La mia sorella fa risalire l'inizio della mia attività politica ad un pomeriggio passato su un ciliegio per protesta contro la mia mamma. Avrò avuto otto anni. Il racconto è il numero uno di questo blog.
Nei fatti, a dieci anni, diventai comunista. Mangiavo in casa di mio nonno Mario, e scorrevano in TV le immagini di una carestia del Biafra, con bambini della mia età. Noi bimbi si voleva vedere i cartoni animati. Mio nonno, se ne uscì con questa frase: "Se Dio esiste, è una ...., perché al permettere che ci siano i ricchi e i poveri non ci sono scuse che tengano". Nessuno gli aveva spiegato il libero arbitrio. Andavo anche alla messa, volentieri, e la servivo, perché, a parte la premessa del mio nonno Mario, il messaggio del Vangelo non mi pareva tanto diverso, o almeno così mi insegnava l'altro mio nonno, Augusto.
A 13 anni lessi Germinale di Zola, e decisi che ero comunista per davvero. A 14 anni Papa Woytila disse che se si andava alla messa era meglio votare DC (convegno di Loreto), e allora smisi di andare in chiesa. A 15 feci la tessera della FGCI, a Pontedera, in terza liceo divenni rappresentante d'istituto al XXV Aprile, e lo feci fino alla quinta liceo, con una splendida occupazione. A 15 chiesi anche la tessera del PCI ai miei compagni di Lari, che mi dissero che fino a 18 anni non me la davano. A 18 anni e un giorno, anno 1989, presi la tessera del PCI e pochi mesi dopo Occhetto disse che il PCI cambiava nome. Ci rimasi male come un bimbetto che agognava un giocattolo da anni e lo rompeva dopo un giorno: al congresso mi schierai con il "NO", e mi spedirono al congresso provinciale. A quei tempi, ai congressi, gli interventi si ascoltavano, e si imparava tanto, da tutti. Mi scrissi un bell'intervento e lo lessi per bene. Quelli della mozione del "NO" mi dissero che ero stato bravo, e che volevano far passare gli occhettiani per il nuovo e noi per il vecchio: e allora mi schiaffarono, diciottene, nel comitato federale del PCI. S'era cento, e una trentina eran professori universitari, un livello politico che ora ci si sogna.
Estate 1989, andai alle Frattocchie, alla "scuola del partito". Una delle esperienze formative più intense che abbia mai avuto. Poi cascò il Muro di Berlino (era l'ora).
Poi entrai nel PDS, e mi fecero segretario di sezione a Lari, poi nei DS, e mi fecero segretario dell'unione comunale di Lari. Tanto tempo sottratto allo studio, ma mi divertivo. E poi, essere del PCI-PDS-DS, non era di moda per i giovani, così c'erano tanti anziani alle riunioni, tutti fantastici, e un bischero, che ero io: mi chiamavano il bimbo, ma mi rispettavano e mi stimavano, e mi pareva che tutti mi volessero bene quanto i miei nonni.
Nel 1993, mi candidarono al consiglio comunale di Lari: arrivai primo con 146 voti di preferenza su 2000 voti di lista. Ma gran parte del merito era dei miei nonni: di quelli veri, che in paese erano conosciuti e stimati, come i miei genitori, e allora io ero bravo di riflesso, e di quelli adottivi (specie Enzo Gasperini e Renzo Papucci) che mi fecero una campagna elettorale palmo a palmo. Il mi' nonno comunista però non mi votò: partì di casa tutto convinto di votare il PDS, arrivò in cabina, aprì la scheda e ci vide la falce e martello di rifondazione: la matita ci andò sopra quasi spontaneamente.
Si mise su anche un gruppo di giovani, nel PDS e si pubblicò per un annetto un giornalino ganzo, "Il Pungiglione". E si fece lo spazio giovani alla festa de l'Unità.
Ero molto orgoglioso del mio ruolo di segretario del partito: si faceva la festa bellissima, che la sera era piena di gente, ma di giorno spesso eravamo in pochi a sistemarla: con Salvo Favilli si passava pomeriggi a chiaccherare, lavorando. Si facevano le tessere per bene, le iniziative come andavano fatte, e alle elezioni si prendevano tanti voti.
Nel frattempo, nel 1995, fui spedito a fare il servizio civile al Patronato ACLI. Fu una ottima occasione per riscoprire quanta sinistra c'era anche nel mondo cattolico, diventare un po' meno settario e vedere la nascita de l'Ulivo da una posizione del tutto privilegiata. Nel "partito" vedevo il travaglio dei vecchi comunisti che dovevano imparare a fidarsi dei vecchi democristiani. Al patronato vedevo il travaglio speculare dei vecchi democristiani. Per questo mi convinsi prima di altri che l'Ulivo era "cosa buona e giusta".
Nel frattempo, nel 1995, fui spedito a fare il servizio civile al Patronato ACLI. Fu una ottima occasione per riscoprire quanta sinistra c'era anche nel mondo cattolico, diventare un po' meno settario e vedere la nascita de l'Ulivo da una posizione del tutto privilegiata. Nel "partito" vedevo il travaglio dei vecchi comunisti che dovevano imparare a fidarsi dei vecchi democristiani. Al patronato vedevo il travaglio speculare dei vecchi democristiani. Per questo mi convinsi prima di altri che l'Ulivo era "cosa buona e giusta".
Nel 2004 decisi di trasferirmi a vivere a Pisa. Da poco i miei compagni di Lari avevano deciso di candidarmi al consiglio provinciale. Ho fatto per cinque anni il consigliere provinciale, vivendo lì dentro la costituzione del primo gruppo unico DS-Margherita e poi la nascita del Partito Democratico. Lì capii, una volta per tutte, che se si faceva il Partito Democratico, s'aveva da essere democratici per davvero, e che la nostra storia era servita a ciascuno di noi per arrivare fino a lì, e da quel momento in poi si doveva solo guardare davanti.
Nel frattempo avevo finito il dottorato di ricerca all'Università e avevo cominciato a lavorare da precario al CNR. Un giorno il CNR decise che i precari non potevano andare a mensa prima delle 14, se no i ricercatori "veri" facevano troppa fila. Mi tornò in mente del casino che facevo al liceo. Persi un pomeriggio a cercare le mail di tutti i precari del CNR di Pisa e convocai un'assemblea: nacquero i RicAt. Ma di questo ne ho già parlato nella sezione lavoro.
Nel 2009 finì il blocco delle assunzioni al CNR e feci un concorso: dovevo perdere. Mi cercai un lavoro all'estero (Leeds) e decisi che smettevo con la politica. Poi il concorso l'ho vinto. Allora decisi che facevo il semplice militante. Un paio di settimane dopo, parte il congresso PD del 2009: diversi giovani, li chiamavano piombini, si radunarono al Lingotto a Torino. Andai a sentire. Erano tutti bravi, ma uno mi parve eccezionale: si chiamava Pippo Civati. Avevo un lavoro, nessuna voglia di fare "carriera" politica, nessun padrino cui obbedire. Civati si mise a scrivere il programma di Ignazio Marino e io cominciai a organizzare le truppe di Marino a Pisa. Un paio di mesi dopo aver deciso che smettevo con la politica mi ritrovai nell'assemblea nazionale del PD, e in segreteria regionale del PD, dove sono ad ora.
Nel frattempo sono tornato a vivere ai Boschi di Lari, dove ci si sta tanto meglio che in città, ma spiegare ai larigiani che il partito ha da essere plurale e che non ha più senso essere fedeli alla linea quando la linea non c'è più è abbastanza dura. Ma divertente.
Perché la politica si fa col sorriso sulle labbra, per generosità, e per hobby, pardon, per passione.
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