Ci siamo. 20 giorni e si vota.
Noi del Partito Democratico siamo partiti convinti di avere la vittoria in tasca, s'è fatto le primarie alla grande e i sondaggi ci davano alla grande, e ci siamo convinti che la partita era chiusa.
Poi ci siamo accorti che Berlusconi è ancora vivo, e i sondaggi di questi giorni ci hanno fatto venire un po' di tremarella alle gambe.
In fondo ce lo dovevamo aspettare, era chiaro che gli altri non ce la davano vinta senza lottare. Però molti di noi non se lo aspettavano e ora paiono colti di sorpresa. Così come ci dovevamo aspettare che, anche se Berlusconi non è più quello di una volta, gli italiani in gran parte sono sempre quelli. E ci sarà sempre chi è disposto a credere a promesse incredibili, perché l'IMU non ce la ridà, però magari il condono lo fa.
E c'è sempre chi preferisce l'Italia furba all'Italia giusta.
La novità è un'altra, però. Che stavolta, chi vuole l'Italia giusta è in maggioranza, e noi dobbiamo fare in modo che sia così fino al 25 febbraio. E magari anche per i decenni successivi.
Io da domani, da buon candidato, mi butto a corpo morto in campagna elettorale. Comincerò con Pippo Civati, che non è solo il simbolo della Lombardia che è cambiata e che può dare il colpo mortale al ventennio Lega-PDL, ma è anche il simbolo del PD che propone, propone, propone. E poi realizza.
Domani alle 10 al mercato a Pisa, alle 12 alla mensa universitaria, alle 17 con l'iniziativa più bella che mi potessi immaginare, dove ci sarà anche lo scrittore Marco Malvaldi, Chiara Carrozza, la nostra capolista alla Camera, e Luigi Dallai, un mio amico e collega ricercatore che sarà eletto (scongiuri) alla Camera. Dopocena si va a Grosseto, sempre con Pippo Civati, e poi via, un giorno dietro l'altro senza pausa, cercando di vedere il più possibile gente indecisa, cercando di prendere tutti i voti possibili.
Forza Ragazzi, o forza ragassi, come direbbe il nostro segretario e candidato premier. Ci sono da vincere le elezioni, c'è da governare un Paese. Non siamo abituati a correre da favoriti. Beh, tra cinque anni lo saremo. Intanto testa bassa e pedalare.
Noi del Partito Democratico siamo partiti convinti di avere la vittoria in tasca, s'è fatto le primarie alla grande e i sondaggi ci davano alla grande, e ci siamo convinti che la partita era chiusa.
Poi ci siamo accorti che Berlusconi è ancora vivo, e i sondaggi di questi giorni ci hanno fatto venire un po' di tremarella alle gambe.
In fondo ce lo dovevamo aspettare, era chiaro che gli altri non ce la davano vinta senza lottare. Però molti di noi non se lo aspettavano e ora paiono colti di sorpresa. Così come ci dovevamo aspettare che, anche se Berlusconi non è più quello di una volta, gli italiani in gran parte sono sempre quelli. E ci sarà sempre chi è disposto a credere a promesse incredibili, perché l'IMU non ce la ridà, però magari il condono lo fa.
E c'è sempre chi preferisce l'Italia furba all'Italia giusta.
La novità è un'altra, però. Che stavolta, chi vuole l'Italia giusta è in maggioranza, e noi dobbiamo fare in modo che sia così fino al 25 febbraio. E magari anche per i decenni successivi.
Io da domani, da buon candidato, mi butto a corpo morto in campagna elettorale. Comincerò con Pippo Civati, che non è solo il simbolo della Lombardia che è cambiata e che può dare il colpo mortale al ventennio Lega-PDL, ma è anche il simbolo del PD che propone, propone, propone. E poi realizza.
Domani alle 10 al mercato a Pisa, alle 12 alla mensa universitaria, alle 17 con l'iniziativa più bella che mi potessi immaginare, dove ci sarà anche lo scrittore Marco Malvaldi, Chiara Carrozza, la nostra capolista alla Camera, e Luigi Dallai, un mio amico e collega ricercatore che sarà eletto (scongiuri) alla Camera. Dopocena si va a Grosseto, sempre con Pippo Civati, e poi via, un giorno dietro l'altro senza pausa, cercando di vedere il più possibile gente indecisa, cercando di prendere tutti i voti possibili.
Forza Ragazzi, o forza ragassi, come direbbe il nostro segretario e candidato premier. Ci sono da vincere le elezioni, c'è da governare un Paese. Non siamo abituati a correre da favoriti. Beh, tra cinque anni lo saremo. Intanto testa bassa e pedalare.
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