Davvero questa domanda è per me la domanda fondamentale. Perché vedete, l'articolo 18 non è fatto per reintegrare chi viene licenziato senza giusta causa (vedere i dati per credere), ma per evitare i licenziamenti senza giusta causa. Cioè è un deterrente (come mi ha spiegato
Miro), e quindi perché levare un deterrente che ha funzionato bene sinora?
Detto questo, ecco la mia personalissima sintesi di tutti gli interventi fino a quello di Matteo Orfini, con qualche commento. Dopo me ne sono dovuto andare, ma credo che, voto a parte, le posizioni in campo erano molto chiare.
Introduce Matteo Renzi: Vorrei un voto chiaro che ci consenta di superare
alcuni tabù, e di riformare
profondamente il mercato del lavoro, per difendere i nuovi deboli.
Prima nota di metodo: ha ragione Cuperlo, chi non
la pensa come il segretario non appartiene ai Flintstones, però ricordo che
nemmeno chi la pensa come il segretario può essere dipinto come un emulo della Thatcher.
La seconda: noi non siamo un circolo di filosofi, una volta deciso si va
avanti.
Il voto del 25 maggio ci ha detto: caro PD,
l'Italia la devi cambiare tu.
Non è vero che a fare le riforme si perdono voti, e
nel frattempo abbiamo fatto il decreto Poletti, il decreto Madia sulla Pubblica
amministrazione e approvato al Senato la legge elettorale (che miglioreremo) e
in prima lettura la riforma del Senato. E abbiamo dato 80 EUR in busta paga a
11 milioni di persone, che magari non sono importanti per 100 commentatori, ma
lo sono per 11 milioni di cittadini.
La realtà chiede che la politica e i politici
prendano decisioni, e infatti, da quando abbiamo incominciato a fare
qualcosa, cinquestelle si sono
sgonfiati. Ma più importante abbiamo ricominciato a fare politica industriale,
salvando Electrolux col decreto Poletti e facendo ripartire le acciaierie da
Terni a Piombino a Taranto.
E' vero, come dice D'Alema, che ci sono solo 8
commissari socialisti, però non è colpa delle elezioni, è colpa del fatto che
ci sono solo 8 primi ministri socialisti in Europa. Ma l'adesione del PD al PSE
ha portato il PD a poter imporre a Juncker di mettere 300 miliardi di aiuti
economici, e dare ad alcuni italiani ruoli importanti (Pittella, Gualtieri,
Silvia Costa, Mogherini). In Europa gli italiani non sono visti benissimo, sono
visti come quelli che rimandano i problemi. In questa ottica, è corretto dire
che è un tema europea la riforma del mercato del lavoro, perché l'abbiamo
promesso all'Europa, perché noi vogliamo fare le cose, non rimandare. Il
problema non è l'art. 18, è la disoccupazione, ma se il problema non è l'art.
18, perché è una garanzia costituzionale, allora perché partiti e sindacati non
lo applicano?
Il problema è che l'Italia non è fondata sul
lavoro, oggi, è fondata sulla rendita. Il lavoro si rilancia se si investe su
ricerca, green jobs, e ICT, non se si salva l'art. 18. Le aziende che investono
in Italia devono avere qualche certezza, qui è tutto in mano a giudici e
avvocati, senza tempi certi. Vogliamo avere il coraggio di guardare la realtà
com'è, avete mai parlato con uno che ha perso il posto di lavoro? Io sì, perché
ho fatto il Sindaco. Io voglio dire a questa gente: hai non solo un indennizzo
dalle aziende, ma lo stato ti dà un corso di formazione e ti aiuta. Oggi invece
le agenzie per il lavoro sono diverse da provincia a provincia e combinano
poco. Io voglio una sola agenzia nazionale, e voglio anche sfidare il sindacato
su questi temi. Quello che vi propongo è di cambiare, a me cambiare non fa
paura, non voglio cambiare per cambiare, ma io penso che questa sia una riforma
di sinistra se difendiamo i lavoratori e non i totem, se difendiamo tutti e non
chi è già garantito, se stiamo dalla parte del cambiamento e non della
conservazione. Non me ne voglia Rajoy, ma per me il modello non è la Spagna,
perché non voglio abbassare i salari per far lavorare tutti, voglio alzare i
salari e produrre prodotti di qualità. A chi ci dice che dobbiamo fare come
loro, io dico: no, grazie, il nostro modello è un altro. E voglio concludere
sfidando i sindacati. Sono disposto ad incontrarli anche domani, la settimana
prossima per fare una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla
contrattazione di secondo livello, e sul salario minimo garantito che è già
allo studio. Per quanto riguarda la legge di stabilità abbiamo scelto di
rispettare il limite del 3%. Ci costa perché quel limite affonda le sue radici
in un mondo tutto diverso da oggi, ma il danno alla reputazione se non lo
rispettiamo è maggiore dei vantaggi che avremmo. Comunque si butta un miliardo
sulla scuola, e un miliardo di spazio di patto che consenta ai comuni di fare
le opere pubbliche, e due miliardi di Euro di riduzione del costo del lavoro.
Poi se volete si fa anche una riunione specifica sulla legge di stabilità. Ma
tutte le riforme non porteranno a nulla se non faremo la riforma della
speranza, della fiducia. L'Italia è più ricca di quanto si legga, ma è convinta
di essere un Paese senza futuro. Se abbiamo preso il 41% l'errore più grande
che possiamo fare è buttarlo via per paura del cambiamento e del futuro. Il
mondo cambia veloce, e noi son 44 anni che siamo aggrappati allo stesso totem
ideologico. E' impressionante anche il modo in cui gli elettori fanno zapping e
cambiano idea, e danno consenso ad altri. Noi dobbiamo costruire il futuro, non
lasciare che accada.
Caterina Bini: un barrista di Pistoia mi diceva che
sta con Renzi, perché lui sta con tutti quelli che si spaccano la schiena. Gli
imprenditori se hanno lavoro, sono i primi a voler dare lavoro e valorizzare i
loro dipendenti. Chi contesta questa riforma si sente più di sinistra di me, ma
cosa è stato fatto in questi anni?
Gianni Cuperlo: E' bene parlarci in pubblico, con
lo streaming, e con sincerità. Su molto sono d'accordo, è un bene aumentare le
tutele per i lavoratori più deboli, per i più giovani. E hai ragione che per
estendere tutele servono risorse, lavoriamo per trovare le risorse necessarie,
perché non possiamo promettere cosa non siamo in grado di mantenere. Parlare di
tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio vuol dire applicare il
contratto di lavoro, quindi se l'art. 18 non si leva a tutti, allora forse è
incostituzionale. Ma se si vuol levare a tutti, allora riguardiamo bene cosa è
scritto a proposito dei licenziamenti discriminatori perché qui si decide della
vita delle persone. Ma non venitemi a raccontare che il nostro PIL è calato del
25% per colpa dei sindacati o dell'articolo 18. E comunque la norma non ha 44
anni come dici, ma 2 anni, perché è stata recentemente riformata. Caro Matteo,
fare a meno dei giudici quando si licenzia non è possibile, non per colpa
dell'art.18 dello statuto dei lavoratori, ma per l'art. 24 della costituzione.
Puoi dire quanto vuoi che il PD deve decidere e poi si va tutti avanti
compatti, ma c'è un vulnus: nessuno ha detto alle primarie che voleva fare
questa cosa. Io riconosco la tua legittimità, ma non sei l'unico dominus del
PD, continuiamo a discutere di questa cosa, anche nei gruppi parlamentari, che
te lo ricordo, hanno una sua autonomia. Qui davanti non c'è la minoranza del
PD, o nemici del governo, né gufi, ci sono persone che vogliono esprimere le
loro opinioni e provare a convincere gli altri. Sei un leader, fatti carico
anche delle nostre idee.
Andrea Ranieri: a me sarebbe piaciuto fare la
riunione prima che le posizioni si radicalizzassero. Per me l'art. 18 non è un
totem, ma non sei tu a farne un totem? Noi siamo indietro non per l'art. 18, ma
perché non abbiamo investito in innovazione. E le aziende che innovano hanno
bisogno di stablità, non di lavoro usa e getta. il lavoro usa e getta va bene
per le imprese che non innovano, che cercano manodopera a basso costo. E per
far ripartire l'economia non bisogna ridurre i diritti dei lavoratori, ma come
diceva Delors, il 3% del PIL deve andare in ricerca e innovazione. Sulla legge di
stabilità devi dire dove vanno i tagli, perché se si tagliano gli enti di
ricerca sono totalmente contrario. Sono felice che il segretario riapra la sala
verde di Palazzo Chigi per riaprire il confronto coi sindacati, perché c'è una
relazione diretta tra livello dei salari e tenuta dei sindacati in tutto il
mondo. (ndr: Andrea Ranieri ha scritto un pezzo di intervento con la mia penna...vedi che non ho fatto solo lo spettatore?)
Rita Castellani: anche io voglio cambiare, ma
magari questo non è il vero cambiamento. Noi stiamo perdendo il capitale umano,
e così un Paese non va lontano. Caro Premier, se si parla di welfare dobbiamo
fare un discorso più approfondito dell'estensione di ammortizzatori sociali, il
problema è che c'è tanta povertà, e gente che vuole mettersi in moto senza
alcun sussidio, come chi cerca lavoro per la prima volta.
Franco Marini: non sono capace di sintesi, comunque
vedo nella relazione di Renzi una apertura vera. (Parentesi incomprensibile
sulla grande guerra e sul ridisegno di Iraq e Siria nel 1916...). NDR: Marini
non si può riassumere, se vi avanza tempo ve lo ascoltate su youtube...
Massimo D'Alema: ammiro molto l'eloquio di Renzi,
però ha detto cose non vere. Non è vero che è il primo taglio al cuneo fiscale,
io lo tagliai quando ero al governo. E così l'art.18 non è un tabù da 44 anni,
perché due anni fa la riforma Fornero lo cambiò. E la riforma Fornero prevedeva
di osservare che succedeva, cosa che non è stata fatta e, mi si perdoni
l'assenza di citazioni poetiche, sarebbe premessa indispensabile per cambiarlo.
(Continua a prendere palesemente in giro Renzi dicendo che non studia, che dice
falsità banali, e che fa citazioni colte ma non studia...ndr). Il premier dice
che il nostro modello non è quello spagnolo, ma se in tutti i Paesi civili il
reintegro da parte del giudice è consentito, non vedo perché porci fuori dal
consesso dei Paesi civili. Temo che una riforma del lavoro fatta così rischi di
essere inefficace e personalmente avrei messo tutte le risorse non sulla
riforma degli ammortizzatori sociali, ma sulla crescita. Stiegliz dice che la
riforma del lavoro si fa quando c'è crescita, non in recessione, perché se
togliamo tutele ai lavoratori, questi sanno che poi lo Stato non ha soldi per
tutelarlo e quindi consumano anche meno, e aumentano la recessione. Capisco che
Stiegliz sia un vecchio rottame della sinistra, ma ha preso un premio nobel,
che molti dei consiglieri del Premier non hanno ancora preso.
Giuseppe Civati: la mia sensazione è che questa
discussione sia stata montata dal punto di vista mediatico compromettendo la
possibilità di fare una discussione serena. E ieri in TV ho sentito un premier
che diceva cose di destra. Ma chi si può esprimere sui diritti, se non un
giudice, come recita l'art. 24 della costituzione? Vorrei portare la
discussione su un tono più tecnico e sulle preoccupazioni che rimangono. Due
anni fa c'è stata la riforma Fornero e in molti in questa stanza ci hanno
lavorato. E poi non sappiamo come sarà la legge delega, ci saranno altri
strumenti che il Governo porrà, il decreto Poletti rimarrà? Perché io vorrei un
contratto unico che sia unico, non che rimangano 44 forme di lavoro diverso.
Vorrei sapere se rimane nella legge delega la formazione. Se il contratto unico
a tutele progressive è quello di Tito Boeri sono pronto a sottoscriverlo, ma
dove e quando lo depositiamo? Oppure ci affidiamo all'ultima intervista del
premier? Io ho perso con Renzi e anche contro Cuperlo e non ho voce in
capitolo, ma l'art. 3 dello statuto dice che il segretario è eletto sulla base
di una piattaforma programmatica. Allora, se questa cambia, perché sorridete
con sufficienza quando chiediamo di consultare gli iscritti su questo tema? E
che succederà se alcuni emendamenti della minoranza PD saranno condivisi dalla
maggioranza dei gruppi parlamentari? Come reagirà il premier e il Governo? (NDR: grande Pippo! Lucido, asciutto e preciso)
Paolo Gentiloni: non c'è un complotto anti Renzi della
minoranza PD. C'è una differenza di idee se cambiare una norma sia un rischio o
una necessità. Stiamo facendo una discussione molto molto seria, e finalmente
ci poniamo il problema di aumentare le tutele, e i sindacati vogliono
scioperarci contro: è paradossale.
Ivan Scalfarotto: sono stato direttore del personale in
una grande azienda a Londra, e vi volevo dire che per colpa delle leggi
italiane la mia azienda fece un centro servizi a Barcellona e non a Milano. Poi
vado a lavorare a Londra, e con 10.000 dipendenti mai ho visto un reintegro, ma
un forte rischio di reputazione se facevamo un licenziamento discriminatorio.
In Italia invece non c'è cultura della discriminazione, quindi non avere una
norma anti-discriminazione è un problema. E su una cosa tutti dovremmo essere
d'accordo, che il diritto del lavoro oggi in Italia non funziona, e che la
falsa partita IVA è una forma di schiavitù.
Pierluigi Bersani: cerchiamo di raffreddarci un po' la testa,
perché non abbiamo ancora cominciato a governare e ci sono un sacco di guai. Io
dico la mia in pochi minuti, che non è quella del 25%, della partita della
vita, dei conservatori. Noi non andiamo nel baratro per l'art.18, ma per il
metodo Boffo (ndr: esagerato....). Se uno dice la sua deve poterla dire con dignità. E volevo poter
discutere di questa cosa prima che partisse la bambola. Sono contento che
Matteo abbia detto i 1000 giorni, perché non dobbiamo correre i 100 metri, ma
fare tante cose. In 1000 giorni si ha tempo per verificare i contenuti delle
riforme che facciamo, e quindi lo scatto non serve a niente, perché può
cascarti tutto addosso. E anche l'Europa ti fa un applauso nelle prime 48 ore,
e poi nel lungo periodo ti va in tasca. Noi abbiamo fatto tante riforme
pesanti, a nessuno trema il polso a cambiare le cose. D'Alema ha ragione a
citare Stieglitz, vogliamo davvero raccontare che abbiamo perso 9 punti di PIL
per colpa dell'art. 18? La Germania ha l'art. 18, e ha fatto più 4% di PIL
negli stessi anni. Dobbiamo riqualificare la spesa pubblica, e l'unico bacino
di risorse è l'infedeltà fiscale, il nostro problema non è la rigidità del
lavoro, ma l'evasione fiscale. Sapete quante cose ci sono da cambiare in questo
Paese, e ce la prendiamo proprio coi diritti dei lavoratori? Ci vuole una
riforma del mercato del lavoro, ma deve riguardare la qualità e la
produttività, e noi non abbiamo qualità perché abbiamo dispersione e
precarietà. Sono d'accordo a togliere i co.co.co., ma se comunque allo stesso
banco di lavoro ci sarà chi ha le tutele e chi no non risolveremmo un gran che.
Matteo Orfini: sul Jobs Act c’è grande discussione, ma noi
siamo un partito politico e non solo uno spazio politico, per cui abbiamo il
dovere di prendere una decisione e poi portarla avanti. (NDR: stasera credo tutti abbiano capito perché è stato scelto tra gli elementi della "minoranza" a fare il presidente, popo' di tegame direbbero a Livorno...)
E poi son dovuto partire per prendere l'ultimo treno per Firenze. Tra poco i risultati della votazione.